La casa sul mare celeste di T.J. Klune (Autore)

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17.10

Un’incantevole storia d’amore ambientata in una realtà fantastica, meravigliosamente narrata, su cosa significhi accorgersi che, a volte, si può scegliere la vita che si vuole. E, se si è abbastanza fortunati, magari quella vita ci sceglie a sua volta.

«Un fantasy intelligente e genuino. Attenzione: può riempire il cuore» – The Washington Post

«L’ho adorato. È come farsi avvolgere in una grande coperta arcobaleno. Semplicemente perfetto» – V.E. Schwab

«Rinnoverà la vostra fiducia nell’umanità» – Terry Brooks

L’odio fa molto rumore, ma ti accorgerai che è solo perché le persone che gridano sono poche e vogliono disperatamente farsi sentire.

Linus Baker è un assistente sociale impiegato al Dipartimento della Magia Minorile. Il compito che esegue con scrupolosa professionalità è assicurarsi che i bambini dotati di poteri magici, cresciuti in appositi istituti in modo da proteggere quelli “normali”, siano ben accuditi. La vita di Linus è decisamente tranquilla, per non dire monotona: vive in una casetta solitaria in compagnia di una gatta schiva e dei suoi amati dischi in vinile. Tutto cambia quando, inaspettatamente, viene convocato nell’ufficio della Suprema Dirigenza. È stato scelto per un compito inconsueto e top secret: dovrà recarsi su un’isola remota, Marsyas, e stabilire se l’orfanotrofio diretto da un certo Arthur Parnassus abbia i requisiti per rimanere aperto. Appena mette piede sull’isola, Linus si rende conto che i sei bambini ospitati nella struttura sono molto diversi da tutti quelli di cui ha dovuto occuparsi in passato. Il più enigmatico tra gli abitanti di Marsyas è però Arthur Parnassus, che dietro ai modi affabili nasconde un terribile segreto.

COME COMINCIA
«Oh, mannaggia» esclamò Linus Baker, asciugandosi il sudore dalla fronte. «Questo sì che è insolito.»
L’eufemismo del secolo. Ciò che Linus osservava con crescente meraviglia era una ragazzina di undici anni di nome Daisy, impegnata a far levitare dei cubetti di legno. Questi ultimi ruotavano lentamente, formando cerchi concentrici nell’aria. Con la punta della lingua incastrata tra i denti e le sopracciglia aggrottate, Daisy era il ritratto della concentrazione. Lo spettacolo durò per un minuto abbondante prima che i cubetti cominciassero la loro lenta discesa verso il pavimento. La capacità di controllo della piccola era fenomenale.
«Molto bene» bofonchiò Linus, scribacchiando furiosamente sul taccuino.

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